Cosa Prevede l'Autonomia Differenziata di Calderoli
La legge sull'autonomia differenziata, a prima firma del ministro Roberto Calderoli (L. 26/06/2024 n. 86), mira a dare un quadro unitario per l'attuazione dell'art. 116 della Costituzione, che consente il trasferimento di funzioni e relative risorse alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta. La legge è stata oggetto di un acceso dibattito politico e interpretata in vari modi: alcuni la vedono come una minaccia all'unità del Paese, mentre altri la considerano uno strumento per rafforzare la solidarietà nazionale garantendo a tutti i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP).
Ecco i punti principali della legge:
Materie trasferibili
Le Regioni possono richiedere maggiori competenze su un'ampia gamma di materie, tra cui i rapporti internazionali e con l'Unione Europea, il commercio con l'estero, l'istruzione, la ricerca scientifica, l'energia, la protezione civile, i trasporti e le infrastrutture. La legge consentirebbe la devoluzione di intere materie, ma si auspica che alcune, come i rapporti internazionali, le grandi reti, l'energia e l'istruzione, non vengano trasferite completamente alle Regioni, garantendo la supremazia dello Stato su questioni di principio.
Ruolo dei LEP
I Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), previsti dall'articolo 117 della Costituzione italiana, sono i servizi e le prestazioni fondamentali che lo Stato deve garantire uniformemente a tutti i cittadini, a prescindere dalla regione di residenza. L'obiettivo dei LEP è assicurare un livello minimo uniforme di tutela dei diritti civili e sociali su tutto il territorio nazionale, evitando disparità tra le regioni.
Non tutte le materie richiedono l'individuazione dei LEP per poter essere trasferite alle regioni. Tuttavia, per le materie in cui i LEP sono necessari, il trasferimento delle competenze regionali può avvenire solo dopo che i LEP siano stati definiti. Inoltre, è indispensabile l'approvazione di specifici provvedimenti legislativi che prevedano le risorse finanziarie necessarie per garantire l'applicazione dei LEP in modo uniforme in tutto il Paese.
Procedura di trasferimento
Il processo di trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni segue una procedura articolata in diverse fasi, che coinvolgono sia il Governo che il Parlamento, oltre a organi consultivi. Di seguito, una descrizione semplificata e riformulata dei passaggi principali:
Negoziazione bilaterale e intesa preliminare
Il processo inizia con una trattativa diretta tra il Governo e la Regione richiedente, gestita da una Commissione paritetica Stato-Regione. Questa commissione, composta da rappresentanti di entrambe le parti, elabora uno schema di intesa preliminare. Questo documento definisce:
- Le competenze da trasferire.
- Le modalità di finanziamento.
- Le risorse materiali e umane necessarie.
Ruolo consultivo della Conferenza Stato-Regioni e del Parlamento
Durante il negoziato, la Conferenza Stato-Regioni e le Commissioni parlamentari competenti vengono costantemente informate. Entrambi gli organi possono esprimere pareri sull’intesa in corso, ma tali pareri non sono vincolanti e non obbligano il Governo o la Regione a modificarne il contenuto.
Approvazione da parte del Consiglio dei Ministri
Una volta raggiunto l'accordo, l'intesa preliminare viene sottoposta all'approvazione del Consiglio dei Ministri. Solo dopo l’approvazione governativa, il testo può essere trasmesso al Parlamento.
Approvazione parlamentare con maggioranza assoluta
L'intesa finale deve essere approvata dal Parlamento con una legge che richiede la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Questa fase garantisce un ampio consenso istituzionale, andando oltre la semplice maggioranza di governo.
Finanziamento
Le risorse finanziarie per le funzioni trasferite derivano da "compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturati sul proprio territorio". Le aliquote di compartecipazione vengono riviste annualmente dal Ministro dell'Economia, su proposta di una commissione paritetica Stato-Regione, per allineare le risorse ai fabbisogni necessari per garantire i LEP.
Costi dell'autonomia differenziata
La legge prevede che l'autonomia differenziata non comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Tuttavia, sono probabili costi aggiuntivi derivanti dalla frammentazione normativa, dalla duplicazione di funzioni tra Stato e Regioni e dalla necessità di garantire i LEP su tutto il territorio nazionale.
Critiche alla Legge Calderoli
La legge Calderoli è molto controversa e suscita diverse critiche:
Rischio di sperequazioni: La principale preoccupazione è che l'autonomia differenziata possa accentuare i divari tra Regioni, soprattutto tra quelle del Nord e quelle del Sud. Si teme che le Regioni più ricche possano accumulare risorse in eccesso e trattenerle sul proprio territorio, a scapito del bilancio statale o delle altre Regioni.
Mancanza di autonomia finanziaria: Il meccanismo di finanziamento basato sulle compartecipazioni ai tributi erariali e la revisione annuale delle aliquote da parte del Ministro dell'Economia limitano l'autonomia finanziaria delle Regioni.
Complessità normativa: La possibilità per le Regioni di legiferare in modo differenziato su materie importanti potrebbe creare una frammentazione normativa, con un aumento della burocrazia e degli oneri a carico di cittadini e imprese.
Indebolimento dello Stato: Il trasferimento di funzioni importanti alle Regioni potrebbe indebolire il ruolo dello Stato centrale e la sua capacità di garantire l'unità e la coesione nazionale.
I Possibili Danni per le Regioni Più Ricche
Nonostante l'autonomia differenziata sembri avvantaggiare le Regioni più ricche, essa comporta anche alcuni rischi significativi:
- Aumento della burocrazia e dei costi: La duplicazione delle funzioni amministrative tra Stato e Regioni potrebbe incrementare la complessità burocratica e i costi per cittadini e imprese.
- Riduzione delle economie di scala: La gestione frammentata di servizi pubblici rischia di essere meno efficiente ed economica rispetto a una gestione centralizzata.
- Disomogeneità normativa: L’autonomia differenziata potrebbe generare normative e livelli di servizio disomogenei tra le Regioni, creando confusione per cittadini e imprese.
- Conflitti di competenza: Una maggiore differenziazione delle competenze potrebbe aumentare la complessità legislativa e i contenziosi tra Stato e Regioni.
- Difficoltà nel coordinamento nazionale: La frammentazione amministrativa potrebbe ostacolare politiche strategiche a livello nazionale in settori come energia, ambiente e trasporti.
- Impatto negativo sulla crescita economica: La frammentazione del mercato interno e l’inefficienza amministrativa potrebbero scoraggiare gli investimenti e ridurre la competitività del Paese.
Un altro punto critico dell'autonomia differenziata riguarda la compartecipazione al gettito fiscale. L'idea di permettere alle regioni di trattenere una quota maggiore del gettito fiscale generato sul proprio territorio, incentivandone l'efficienza, presenta notevoli difficoltà nell'applicazione pratica.
Mancanza di un adeguamento automatico delle aliquote:
La legge Calderoli, nella sua versione iniziale, prevedeva la fissazione di aliquote di compartecipazione ai tributi erariali per finanziare le funzioni trasferite. Tuttavia, l'assenza di un meccanismo di adeguamento automatico nel tempo può creare problemi. Una regione con una crescita economica superiore alla media nazionale, e quindi un aumento del gettito fiscale, potrebbe accumulare risorse eccedenti rispetto ai fabbisogni standard. In tal caso, la regione si aspetterebbe di poter utilizzare questo surplus per migliorare i servizi o ridurre la pressione fiscale, ma la legge non chiarisce come gestire tali eccedenze.Rischio di disincentivo all’efficienza:
L'incertezza normativa sulla gestione del gettito eccedente potrebbe scoraggiare le regioni più ricche dal migliorare la propria efficienza e investire nella crescita, sapendo che i benefici fiscali risultanti potrebbero essere limitati.Assenza di reale autonomia finanziaria:
Sebbene basato sulla compartecipazione al gettito, questo sistema non offre alle regioni una vera autonomia finanziaria. Le regioni restano vincolate alle decisioni dello Stato centrale riguardo alla ripartizione del gettito erariale, senza la libertà di definire autonomamente politiche fiscali. Ciò limita la capacità delle regioni più ricche di gestire le proprie risorse in modo indipendente e responsabile.
Punti di Incostituzionalità dell'Autonomia Differenziata secondo UPB e Banca d'Italia
L'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) e la Banca d'Italia hanno evidenziato diverse criticità nella legge sull’autonomia differenziata, che potrebbero entrare in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione italiana, in particolare con gli articoli:
- Articolo 3: Principio di uguaglianza.
- Articolo 53: Dovere di contribuzione alle spese pubbliche in base alla capacità contributiva.
Articolo 3 della Costituzione Italiana
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Articolo 53 della Costituzione Italiana
"Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva."
Critiche di UPB e Banca d’Italia
L'UPB sottolinea che l'utilizzo della spesa storica come parametro di finanziamento rischia di cristallizzare le disuguaglianze tra Regioni. Le Regioni che storicamente hanno speso di più continuerebbero a ricevere maggiori risorse, indipendentemente dall’efficienza della spesa e dai reali fabbisogni dei cittadini. Questo comprometterebbe:
- L’equità nella distribuzione delle risorse pubbliche.
- La qualità dei servizi offerti ai cittadini, con un peggioramento delle disparità territoriali.
La Banca d’Italia esprime preoccupazioni analoghe, evidenziando come il ricorso alla spesa storica per finanziare l’autonomia differenziata potrebbe:
- Aumentare le disuguaglianze territoriali.
- Ostacolare il raggiungimento di standard di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale.
Compatibilità con la Costituzione
Pur non esplicitando un giudizio sull'incostituzionalità, UPB e Banca d’Italia suggeriscono che il ricorso alla spesa storica potrebbe violare:
- L’articolo 3, perché perpetua disuguaglianze tra cittadini in base alla Regione di residenza.
- L’articolo 53, perché non considera la capacità contributiva dei cittadini.
Le contestazioni di incostituzionalità nei ricorsi regionali contro l'Autonomia Differenziata
I ricorsi presentati dalle regioni Puglia, Toscana, Campania e Sardegna durante l'estate contro la legge sull'autonomia differenziata (legge Calderoli) sollevano diverse questioni di incostituzionalità, focalizzandosi su tre principali aree di criticità:
Determinazione e finanziamento dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP)
- I ricorsi mettono in dubbio la garanzia effettiva dei LEP, paventando la possibilità di un loro sotto-finanziamento come condizione per la devoluzione delle materie corrispondenti.
- Si contesta l'arbitrarietà nella distinzione tra materie LEP e non-LEP, basata unicamente sulle risultanze del "Comitato Cassese".
- Si solleva la questione di una "delega in bianco" al governo per la determinazione dei LEP, data l'assenza di principi e criteri direttivi nella legge di bilancio 2023, a cui la legge Calderoli fa riferimento.
Impatto sugli equilibri dei conti pubblici nazionali e sulle risorse per le altre Regioni
- I ricorsi denunciano il rischio di un "impoverimento" del quadro economico-finanziario nazionale a causa dell'autonomia differenziata.
- Si evidenzia la mancanza di un criterio di adeguamento nel tempo per il finanziamento delle materie non-LEP.
- Si critica la mera facoltà (e non la necessità, come per le Regioni a statuto speciale) di concorso delle Regioni a statuto ordinario con autonomia rafforzata alle manovre di consolidamento fiscale.
- Si sottolineano i rischi per il coordinamento fiscale, derivanti dall'affidare a commissioni paritetiche Stato-Regione la verifica dell'allineamento tra fabbisogni di spesa e risorse.
Utilizzo delle compartecipazioni su tributi erariali come strumento di finanziamento
- I ricorsi contestano l'utilizzo esclusivo delle compartecipazioni per finanziare le funzioni trasferite, sostenendo che non responsabilizzerebbe i decisori regionali, in contrasto con l'articolo 119 della Costituzione.
- Si evidenzia il rischio di incapienza fiscale per le Regioni "povere" in termini di gettito tributario, con conseguente accentuazione dei divari tra Regioni.
- Si critica la mancata attuazione del meccanismo perequativo delle capacità fiscali regionali, previsto dalla legge sul federalismo fiscale del 2009, che potrebbe comportare iniquità nell'accesso all'autonomia differenziata per le funzioni aggiuntive.
La decisione della Corte Costituzionale sull'autonomia differenziata
La Corte Costituzionale, con la sentenza del 14 novembre 2024, ha emesso il suo verdetto sui ricorsi presentati da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania contro la legge sull'autonomia differenziata (legge Calderoli). Ad oggi non è disponibile tutta la sentenza, ma ne abbiamo un comunicato. La Corte ha stabilito che la legge nel suo complesso non è incostituzionale, riconoscendo la legittimità del processo di concessione di maggiore autonomia alle Regioni a statuto ordinario, come previsto dall'articolo 116 della Costituzione. Tuttavia, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di sette specifiche disposizioni della legge Calderoli.
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio Comunicazione e stampa fa sapere che la Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo
Punti dichiarati incostituzionali:
Devoluzione di intere materie: la Corte ha escluso la possibilità di trasferire alle Regioni intere materie, stabilendo che la devoluzione deve riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative, giustificate dal principio di sussidiarietà e finalizzate a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici.
La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà;
Determinazione dei LEP tramite delega in bianco: la Corte ha ritenuto incostituzionale il conferimento al Governo di una delega legislativa per la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) priva di idonei criteri direttivi, limitando il ruolo del Parlamento in una decisione così importante.
La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento;
- Aggiornamento dei LEP tramite Dpcm: la Corte ha dichiarato illegittima la possibilità di aggiornare i LEP attraverso Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm), escludendo il Parlamento da questo processo.
La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l’aggiornamento dei LEP;
- Determinazione dei LEP tramite la legge di bilancio 2023: la Corte ha ritenuto incostituzionale il ricorso alla procedura prevista dalla legge di bilancio 2023 per la determinazione dei LEP con Dpcm, in attesa dell'entrata in vigore dei decreti legislativi per definire i LEP.
La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: il ricorso alla procedura prevista dalla legge n. 197 del 2022 (legge di bilancio per il 2023) per la determinazione dei LEP con dPCm, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi previsti dalla stessa legge per definire i LEP;
- Facoltatività del concorso agli obiettivi di finanza pubblica: la Corte ha dichiarato illegittima la previsione che le Regioni con maggiore autonomia possano concorrere agli obiettivi di finanza pubblica, anziché renderlo un obbligo, indebolendo i vincoli di solidarietà e unità della Repubblica.
La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge:
- la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
- l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.
Modifica delle aliquote di compartecipazione tramite decreti interministeriali: la Corte ha stabilito che la revisione delle aliquote di compartecipazione per i tributi regionali deve avvenire tramite disposizioni di legge, e non con decreti ministeriali, garantendo un maggior controllo parlamentare.
La Corte ha ravvisato l’incostituzionalità dei seguenti profili della legge: la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; in base a tale previsione, potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni;
Estensione della legge alle Regioni a statuto speciale: la Corte ha escluso la possibilità di applicare la legge Calderoli alle Regioni a statuto speciale, in quanto queste possono già ottenere maggiore autonomia attraverso le procedure previste dai loro statuti.
Principi ribaditi dalla Corte:
Sussidiarietà: la Corte ha ribadito che l'autonomia differenziata deve essere guidata dal principio di sussidiarietà, attribuendo le funzioni al livello di governo più vicino ai cittadini, a condizione che questo garantisca maggiore efficienza e migliori servizi.
Unità e solidarietà nazionale: la Corte ha sottolineato l'importanza di preservare l'unità e la solidarietà nazionale nel processo di autonomia differenziata, garantendo l'uguaglianza dei diritti e l'accesso ai servizi essenziali su tutto il territorio.
Equilibrio di bilancio: la Corte ha ribadito la necessità di garantire l'equilibrio di bilancio nel processo di autonomia differenziata, evitando di creare oneri aggiuntivi per lo Stato o di penalizzare le Regioni con minori risorse.
Conclusione
La legge Calderoli rappresenta un compromesso che rimanda le scelte cruciali sul futuro dell'autonomia differenziata. Non è chiaro se il sistema si orienterà verso un federalismo responsabile, in cui le Regioni hanno maggiore autonomia finanziaria, o verso una centralizzazione delle risorse, in cui lo Stato mantiene il controllo sulla distribuzione delle risorse. Anche la questione del rischio di frammentazione normativa e dell'indebolimento dello Stato rimane aperta.