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La crisi tedesca secondo il Post non mi convince

di Umberto Bertonelli

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Indice

Da abbonato al post da alcuni anni ho trovato curioso l'ultimo articolo dedicato alla situazione tedesca.

Parliamo del Pil tedesco

Il primo dato che ci viene fornito riguarda il recupero post pandemia:

dopo la pandemia l’economia del resto dei paesi avanzati ha goduto di un certo slancio, quella tedesca ha a stento recuperato quanto perso nel 2020, mostrando un’evidente crisi del modello di sviluppo che negli ultimi 30 anni aveva reso la Germania la cosiddetta «locomotiva d’Europa», cioè il paese che dava impulso a tutta l’economia europea: al contrario oggi sempre più spesso se ne sente parlare come «la zavorra» dell’Unione Europea, il paese che va peggio di tutti e che rappresenta un rischio per l’intera area.

Per verificare questa affermazione, osserviamo i dati di AMECO sul PIL tedesco.

I dati a prezzi costanti mostrano chiaramente che, nel 2022, la Germania aveva già ampiamente recuperato il calo subito nel 2020.

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Se normalizziamo il PIL con base 100 nel 2019, si evidenzia ulteriormente come, a parte la Spagna (che si attesta a 99,97), la maggior parte delle economie avanzate, inclusa la Germania, abbia superato il livello pre-pandemia già nel 2022.

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Guardando poi alla crescita cumulata dal 2019 al 2024, ci accorgiamo che la Germania non è sola a “zavorrare” la crescita europea. Altri paesi, ad eccezione di Polonia e Croazia, contribuiscono in modo simile o maggiore a rallentare la crescita aggregata dell’UE.

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Infine, c’è un’errata concezione dell’idea di “locomotiva d’Europa.” Questo termine è stato storicamente associato alla Germania per la sua crescita stabile e resiliente, soprattutto nei periodi di crisi, piuttosto che per tassi di crescita particolarmente elevati. Osservando la distribuzione della crescita economica tedesca, emerge un valore mediano di 1,17%, segno di una crescita contenuta ma costante.

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Questo non significa che la Germania non stia affrontando una crisi né che abbia adottato politiche lungimiranti negli ultimi anni. Al contrario, le scelte in campo energetico – dall’abbandono del nucleare alla forte dipendenza dal gas russo – si stanno rivelando sempre più dannose. La questione è in gran parte di natura politica, dato che la popolazione, attraverso il processo democratico, ha sostenuto questa direzione, come dimostra la crescita dei partiti favorevoli alla green economy che hanno supportato questo cambiamento.

Le sfide del mercato automobilistico tedesco

Dietro la crisi del modello economico tedesco emerge un altro settore in difficoltà: l’automotive. L’articolo evidenzia la dipendenza della Germania dalla Cina, sia per la fornitura di componenti sia per le esportazioni, definendola una “debolezza strutturale.” Questa relazione è complessa: se da un lato la dipendenza comporta rischi geopolitici, dall’altro offre accesso a materie prime a basso costo e a un grande mercato in crescita, un problema condiviso da molte economie occidentali.

Si sostiene inoltre che l’industria automobilistica tedesca sia troppo legata al motore a combustione. Anche se in parte vero, case come Volkswagen, BMW e Mercedes hanno avviato piani per la mobilità elettrica, con difficoltà e ritardi. La Germania sta tentando di riconvertire il settore per competere con la Cina, che si è rapidamente imposta nella produzione di veicoli elettrici.


L’adozione dell’auto elettrica in Europa, come evidenziato da Hanna Ritchie, sta superando le aspettative, anche se le aziende tedesche affrontano una competizione agguerrita con la Cina, che ha stabilito prezzi competitivi e dominato la produzione di batterie e veicoli elettrici. Questo scenario evidenzia come il problema non risieda solo in scelte politiche passate, ma anche in una sfida strutturale più ampia legata alla riconversione dell’industria automobilistica e alle dinamiche globali del mercato.


Secondo il Bruegel, i ritardi della Germania nel settore automobilistico sono in parte dovuti a costi di produzione più elevati e alla complessa transizione energetica. Le politiche energetiche della Germania – tra cui la dipendenza dal gas e le scelte relative all’abbandono del nucleare – hanno comportato costi che limitano la competitività della produzione, rendendo l’industria tedesca meno agile rispetto a quella di altri paesi. La crisi energetica, inoltre, ha avuto un impatto significativo, come discusso da Bruegel, mettendo in luce la necessità di riforme e strategie più resilienti per affrontare l’incertezza dei costi e garantire un futuro competitivo all’automotive tedesco.


Questi punti sono essenziali per capire il ruolo della politica nelle sfide attuali, ma è riduttivo attribuire esclusivamente al “freno al debito” la responsabilità del mancato cambiamento.

La spesa pubblica tedesca

Il Post sembra attribuire alla Germania un problema di spesa pubblica, riconducendolo alla storia e alla cultura tedesca

Il pareggio di bilancio e un generale rigore sono principi seguiti da tutta la classe politica tedesca, e hanno condizionato decenni di politica e di ricerca economica. Hanno radici culturali molto profonde, che risiedono in un generale atteggiamento di disciplina e prudenza nella gestione finanziaria [...] È una mentalità che risente anche di tutte le conseguenze negative della spesa pubblica per il riarmo della prima metà nel Novecento: la Prima guerra mondiale costò alla Germania anni di iperinflazione e povertà, ancora molto vivi nella memoria collettiva; col regime nazista poi le grosse politiche di spesa hanno assunto una connotazione evidentemente negativa, essendo servite a finanziare la guerra e l’Olocausto.

Tuttavia guardando all'andamento della spesa pubblica non sembra evidente questa assunzione, e anzi la conclusione pare quanto meno azzardata, infatti la Germania ha sempre mantenuto una spesa pubblica oltre il 40% del PIL, e negli ultimi 4 anni si è posizionata attorno al 50%

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Sarebbe poi opportuno guardare all'andamento della spesa pubblica, in costante crescita sia in termini nominali, con in base 100 al 2010.

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Anche se guardiamo agli investimenti non notiamo un qualche disallineamento rispetto alla media eurozona o europea tale da giustificare

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Tiriamo le somme

In sintesi, l'articolo del Post offre una panoramica interessante ma parziale della crisi economica tedesca, soprattutto in relazione al settore automobilistico e alla politica energetica. I dati dimostrano che la Germania ha affrontato sfide significative, ma alcune delle analisi presentate sembrano semplicistiche o incomplete. Il cosiddetto "freno al debito" e la cultura del rigore finanziario non possono essere considerati gli unici colpevoli del rallentamento economico: dietro a questa situazione ci sono anche fattori strutturali, scelte politiche complesse e una competizione globale che richiede adattamenti rapidi.

La crisi dell’automotive e la dipendenza energetica sono esempi di come l’economia tedesca debba affrontare questioni che coinvolgono non solo la politica interna ma anche le dinamiche globali, in particolare quelle legate alla transizione verso un’economia sostenibile e tecnologicamente avanzata. Affrontare con successo queste sfide richiederà strategie innovative e interventi mirati, capaci di adattare l’economia tedesca alle nuove esigenze globali e di rafforzare la sua competitività per il futuro.

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