1000 giorni dopo la guerra in Russia: una riflessione sulle sanzioni
A 1000 giorni dall'inizio della guerra in Russia, è giunto il momento di parlare delle sanzioni. Evitiamo proclami ridicoli: la narrativa di un collasso improvviso dell'economia russa non ha mai avuto solide basi. Occorre fare un distinguo tra le diverse tipologie di sanzioni imposte. Da un lato, quelle finanziarie hanno avuto effetti immediati e rilevanti; dall'altro, le sanzioni commerciali sono strumenti il cui impatto si manifesterà nel lungo periodo.
Va anche sottolineato che l'Occidente non è stato affatto saldo nell'applicare queste misure. Una semplice analisi delle date di intervento mostra un'azione altalenante e incoerente. L'Unione Europea, inizialmente sembrata seria nell'approccio, ha progressivamente ridotto il suo impegno con l'avvicinarsi delle elezioni nazionali.
È inoltre necessario ribadire che l'inflazione non ha avuto origine dalla guerra in Russia, bensì dal complesso di eventi verificatisi tra il 2020 e il 2022. Se guardiamo al prezzo del gas, notiamo come abbia iniziato a crescere già a metà del 2021, ben prima del conflitto.
Un contesto economico in deterioramento
Secondo un recente articolo dell'Economist, la situazione economica in Russia è tutt'altro che rosea.
Le uscite governative sono sempre più difficili da sostenere. Il bilancio della Russia, svelato a settembre, includeva un piano per aumentare la spesa per la difesa di un quarto l'anno prossimo. Nel complesso, le spese annuali per la difesa e la sicurezza, una voce di bilancio separata che copre i servizi segreti, dovrebbero ora aumentare a 17 trilioni di rubli (170 miliardi di $), un importo che rappresenta oltre il 40% di tutta la spesa governativa o l'8% del pil russo . La spesa per la difesa da sola sarà pari al 6% del reddito nazionale russo, la cifra più alta dalla guerra fredda
La spesa per la difesa degli Stati Uniti, ad esempio, era pari all'8-10% del pil durante la guerra del Vietnam. Durante la seconda guerra mondiale, le grandi potenze hanno dedicato il 40-60% della loro produzione economica totale a fini militari. La differenza cruciale è da ricercare nella politica monetaria. I politici britannici nei primi anni '40 si sono sforzati, e per lo più sono riusciti, a combattere quella che hanno definito "una guerra del 3%", mantenendo i tassi di interesse vicino a quel livello. La Federal Reserve americana ha mantenuto i tassi al 2,5% durante lo stesso conflitto. I minori costi di prestito hanno contribuito a mantenere accessibili i grandi deficit. Al contrario, in Russia, il rendimento del debito sovrano decennale è aumentato da circa il 6% prima della guerra al 16%.
Problemi demografici e mercato del lavoro
Non meno preoccupante è la situazione demografica. Secondo le stime di Our World in Data, la popolazione russa è destinata a diminuire. Questa crisi demografica si riflette anche sul mercato del lavoro, che sta affrontando forti problemi. L'immigrazione, che potrebbe rappresentare una soluzione, non è accettata di buon grado dalla popolazione russa, aggiungendo un ulteriore elemento di instabilità.
Questi fattori pongono le basi per una situazione critica, che si aggiunge alle questioni legate ai tassi di interesse e all'inflazione in aumento.
La Banca Centrale russa ha recentemente rivisto le stime per l'inflazione
La crescita dei prezzi per molti prodotti e servizi ha accelerato. L'elevata inflazione è alimentata da una forte domanda interna che supera la produzione di beni e servizi. È necessario un ulteriore inasprimento delle condizioni monetarie affinché l'inflazione inizi di nuovo a decelerare.
Elvira Nabiullina, governatrice della Banca, nel discorso del 31/10/2024 ha sottolineato le continue difficoltà dell'economia russa:
Siamo stati costretti a iniziare un ciclo di restringimento monetario. Ciò segna un nuovo sviluppo per l'economia russa. Le aziende sono preoccupate per le implicazioni per gli investimenti, le capacità produttive e la crescita economica, ed è su questo che Alexander Zhukov vuole che ci concentriamo. Le famiglie sono preoccupate per quando saremo in grado di domare i prezzi in crescita.
In primavera, tuttavia, il movimento discendente dell'inflazione non solo si è fermato, ma si è anche invertito, e abbiamo assistito a una rinnovata, considerevole, accelerazione da maggio. Sfortunatamente, negli ultimi mesi, quasi ogni nuova serie di dati ha suggerito rinnovate pressioni inflazionistiche. In risposta, abbiamo aumentato il tasso chiave di altri cinque punti percentuali in totale a luglio, settembre e ottobre.
Infine, un ulteriore fattore di inflazione è la maggiore pressione delle sanzioni che crea nuove difficoltà con i pagamenti esterni. Vale a dire, i rischi correlati alle condizioni esterne si sono materializzati. Il loro contributo all'inflazione è stato duplice: o attraverso una sempre minore disponibilità di importazioni o attraverso l'aumento dei costi delle importazioni poiché la logistica è diventata più complicata e le commissioni di pagamento sono aumentate.
In questo contesto, vorrei concentrarmi su due preoccupazioni. In effetti, sono preoccupazioni reciprocamente esclusive, ma si presentano con la stessa frequenza e talvolta contemporaneamente. La prima preoccupazione è che l'elevato tasso di interesse non riuscirà a dare risultati, come emerge dai dati sui prestiti in continuo aumento. La seconda è che l'elevato tasso chiave arresterà completamente i prestiti e spingerà l'economia in una brusca recessione.
Un'inflazione elevata ostacola una crescita economica sostenibile. Una crescita rapida lascerà il posto a una recessione, lasciando la crescita totale insignificante, se ce n'è una, e questo difficilmente andrà bene a chiunque. Ciò è chiaro dagli esempi di più paesi e dalla nostra storia.
Povertà e salari
Secondo The Insider, un sito di notizie investigativo con sede in Lettonia, anche se è spesso associato alla Russia perché si occupa principalmente di temi legati alla politica, alla corruzione e agli affari interni russi, nella prima metà del 2024, Rosstat, l'agenzia federale di statistica della Russia, ha riportato che 13,3 milioni di persone vivevano in povertà.
Sebbene questo rappresenti un aumento rispetto al 2023, il numero sottostima ancora drasticamente la reale portata della povertà nel paese.
Da anni, il governo russo manipola le statistiche per creare un quadro più positivo, con Rosstat che rivede i suoi metodi per soddisfare i mandati presidenziali volti a ridurre i tassi di povertà.
Utilizzando la metodologia precedente, la realtà della povertà appare molto più dura: entro la fine del 2023, tra i 14,6 e i 18 milioni di persone (fino al 12,5% della popolazione) vivevano effettivamente in povertà, secondo The Insider.
Molti di coloro che sono classificati come "non poveri" faticano comunque ad acquistare beni di prima necessità come cibo e vestiti.
Prima del 2021, la povertà in Russia era definita da un reddito inferiore a un livello di sussistenza basato sul costo dei beni e dei servizi necessari per la sopravvivenza.
Il livello di sussistenza veniva adeguato trimestralmente per riflettere l'inflazione, garantendo che coloro che cadevano in povertà fossero idonei a ricevere benefici.
Tuttavia, dal 2021, il governo russo ha cambiato il calcolo della "soglia di povertà" basandosi sul reddito mediano di ogni regione, moltiplicandolo per un coefficiente inspiegato del 44,2% (solitamente la povertà relativa è calcolata al 60% della mediana dei redditi).
Di conseguenza, l'attuale definizione di povertà è disconnessa dal potere d'acquisto reale, rendendo difficile per coloro che ne hanno bisogno qualificarsi per l'assistenza.
Il cambiamento nella metodologia ha significativamente sottostimato il numero di persone che vivono in povertà. Nel 2023, Rosstat ha riportato che solo l'8,5% della popolazione, ovvero 12,4 milioni di persone, fosse povero.
In confronto, valutando i dati sulla base della disuguaglianza del reddito tra le regioni, The Insider ha trovato che circa 16 milioni di russi avevano un reddito inferiore alla soglia ufficiale di povertà, suggerendo un tasso di povertà più vicino al 15%.
Per molti russi, un reddito mensile inferiore a 43.000 rubli (430 dollari) indica povertà, mentre la sicurezza finanziaria richiede circa 250.000 rubli (2.500 dollari) al mese, una cifra ben al di fuori della portata della maggior parte delle persone.
A metà del 2024, il reddito medio nazionale era di 58.191 rubli (580 dollari), mentre il governo aveva fissato la soglia di povertà a 14.300 rubli (143 dollari).
Questi bassi salari sono aggravati dall'aumento dell'inflazione, che colpisce in modo sproporzionato i poveri.
Il costo dei prodotti alimentari di base è aumentato di oltre il 47% dal 2020, superando di gran lunga i tassi di inflazione ufficiali.
Nel frattempo, Rosstat attribuisce la diminuzione dei tassi di povertà alla crescita del reddito; tuttavia, anche con un aumento nominale del reddito, molti russi continuano a vivere vicino alla soglia di povertà a causa dell'alto costo della vita.
La guerra in Ucraina ha ulteriormente influenzato i livelli di reddito e le opportunità di lavoro in Russia.
Il governo ha investito pesantemente nei pagamenti ai partecipanti militari, con salari mensili che raggiungono i 200.000 rubli (2.000 dollari) o più, una notevole differenza rispetto al mercato del lavoro civile, dove i salari medi si aggirano tra i 50.000 e i 60.000 rubli.
Questa disparità sta determinando uno spostamento nel mercato del lavoro, con molti lavoratori che lasciano i loro lavori civili per opportunità militari, portando a una corsa ai salari in entrambi i settori.
Mentre il governo indica un aumento del reddito reale disponibile, riportato come il più alto dal 2014, questi guadagni sono guidati principalmente dai pagamenti statali al personale militare piuttosto che da una vera crescita economica.
Inoltre, questa nuova distribuzione del reddito solleva interrogativi sulla sostenibilità.
Una volta che il conflitto finirà, è improbabile che coloro che si sono abituati a redditi più alti torneranno ai loro vecchi lavori con salari significativamente inferiori.
Ma cosa sta succedendo al rublo?
In questi giorni si parla molto di Rublo e tasso di cambio
Per comprendere le cause dietro l'apprezzamento e il deprezzamento del rublo, è utile chiarire cosa sia il tasso di cambio.
In poche parole, il tasso di cambio è un indicatore che consente di confrontare i prezzi dei beni tra due paesi con valute diverse.
Semplifichiamo il concetto con un esempio pratico, tagliando un po’ con l’accetta ma in modo che sia comprensibile a tutti. Supponiamo di avere due economie che commerciano tra loro, ognuna delle quali produce un solo bene: il pennarello.
- A Rossilandia, il pennarello viene venduto a 1 Rosso, la moneta locale.
- A Blulandia, invece, il pennarello costa 2 Blu, la moneta di Blulandia. Se porto un pennarello prodotto a Rossilandia (che vale 1 Rosso) a Blulandia, posso venderlo a 2 Blu. Di conseguenza, il valore di 1 Rosso è pari a 2 Blu.
Al contrario, se porto un pennarello prodotto a Blulandia a Rossilandia, questo vale 1 Rosso. Pertanto, 1 Blu equivale a 0,5 Rosso, ovvero servono 2 Blu per ottenere 1 Rosso.
Ora ipotizziamo che, per qualche motivo, a Blulandia si scateni l’inflazione e il prezzo del pennarello salga a 4 Blu. Ricalcoliamo il tasso di cambio: se porto un pennarello da Blulandia a Rossilandia, per ottenere 1 Rosso servono 4 Blu.
Questo esempio mostra come il tasso di cambio dipenda principalmente dall’andamento dei prezzi relativi dei beni nei due paesi. E cosa determina l’andamento dei prezzi? L’inflazione. L’inflazione, ovvero la variazione del livello generale dei prezzi, è uno dei fattori principali che influenzano il tasso di cambio tra due valute.
Complichiamo il nostro esempio, perchè in economia bisogna sempre distinguere il breve-medio termine, dal medio-lungo termine.
Il tasso di cambio nel breve-medio termine
Nel breve-medio termine, a giocare un ruolo fondamentale non è l'inflazione, ma i commerci internazionali.
Quando Blulandia esporta pennarelli a Rossilandia, il processo è più complesso di quanto descritto prima.
Infatti, quando un'azienda di Blulandia vende un pennarello, riceve in cambio dei Rossi, che prima o poi verranno convertiti in Blu.
Nel caso di importazioni, invece, Blulandia acquista pennarelli da Rossilandia pagando in Blu, e anche questa quantità sarà successivamente convertita in Rossi.
In una situazione stabile, in cui importazioni ed esportazioni non subiscono variazioni sostanziali, il tasso di cambio rimane stabile e non è influenzato dagli scambi commerciali.
Cosa succede, però, se le esportazioni aumentano più delle importazioni, ovvero se l’export supera l’import?
Quando Blulandia esporta più pennarelli, riceve una maggiore quantità di Rossi, che devono essere convertiti in Blu. Questo aumento della domanda di Blu ne fa salire il valore, portando a un apprezzamento del Blu rispetto al Rosso.
In altre parole, quando un bene – inclusa una valuta – è più richiesto, il suo prezzo tende a salire.
Questo è ciò che abbiamo osservato nelle prime fasi del 2022: un aumento del valore del rublo rispetto alle altre valute. Questo fenomeno è avvenuto perché le esportazioni verso la Russia sono state rallentate o bloccate del tutto, mentre le importazioni dalla Russia sono state in gran parte mantenute.
Male Olandese
Tutto questo ha una connessione diretta con il cosiddetto "male olandese" (Dutch disease). Questo fenomeno economico si verifica quando un'economia si basa fortemente su un settore specifico, come l'estrazione di risorse naturali, e questo porta a conseguenze indesiderate per altri settori dell'economia, in particolare quelli legati alla produzione e all'export di beni manifatturieri.
Nel caso della Russia, il legame è evidente: il Paese dipende in larga misura dalle esportazioni di risorse energetiche come gas e petrolio. Quando le esportazioni di queste risorse rimangono stabili o crescono, come accaduto nelle prime fasi del 2022, entra nel Paese una quantità significativa di valuta estera, aumentando la domanda per il rublo e spingendone il valore al rialzo.
Questo apprezzamento della valuta, pur potendo sembrare positivo, ha effetti collaterali:
Riduzione della competitività dei settori non energetici: L'aumento del valore del rublo rende più costosi i beni e i servizi russi sui mercati internazionali, danneggiando l'export di altri settori economici. Dipendenza economica: L'economia si concentra sempre di più sulle esportazioni di risorse naturali, riducendo la diversificazione e aumentando la vulnerabilità agli shock esterni, come il calo dei prezzi delle materie prime. Quindi, il "male olandese" si manifesta quando il successo di un settore specifico, come quello delle esportazioni energetiche della Russia, provoca squilibri che penalizzano l'economia nel suo complesso. Le dinamiche descritte nelle prime fasi del 2022 sono una rappresentazione pratica di come il fenomeno possa influenzare il tasso di cambio e, di conseguenza, l'intera struttura economica del Paese.
Uno studio significativo pubblicato su Spinger analizza l'esistenza del male olandese nell'economia russa nel periodo di transizione iniziato nei primi anni '90. Lo studio identifica cinque segnali di allarme:
Apprezzamento del tasso di cambio reale: Un aumento significativo del valore del rublo. Crescita economica trainata dai prezzi del petrolio: Una dipendenza strutturale dall'aumento dei prezzi delle risorse naturali. Deindustrializzazione relativa: Un declino della produzione manifatturiera rispetto ad altri settori come i servizi. Riduzione delle esportazioni non legate alle risorse naturali: Un calo delle esportazioni di beni manifatturieri. Aumento dei salari reali: Una crescita significativa dei salari che riduce ulteriormente la competitività.
Secondo i risultati dello studio, un aumento del prezzo del petrolio del 10% porta a:
- Un apprezzamento del tasso di cambio reale del 4%;
- Una crescita del PIL del 3%;
- Una riduzione della produzione manifatturiera del 3% rispetto ai servizi.
Inoltre, è stato osservato un effetto di "crowding out" (effetto di espulsione) delle esportazioni manifatturiere e un aumento significativo dei salari reali. Questi risultati confermano l'esistenza dei sintomi del male olandese nell'economia russa.
Un futuro incerto per l'economia russa
Pur riconoscendo che il "male olandese" sia una teoria interessante e rilevante, è fondamentale considerare anche l'altra faccia della medaglia. In questo contesto emergono due preoccupazioni principali:
Efficacia limitata dei tassi di interesse elevati: L'elevato tasso di interesse potrebbe non produrre i risultati desiderati. Ad esempio, i dati indicano una crescita continua dei prestiti, segno che la stretta monetaria non sta influenzando in modo significativo la domanda di credito. Questo mette in discussione l'efficacia dello strumento nel contenere l'inflazione o stabilizzare l'economia.
Rischio di recessione indotta: Un tasso chiave troppo alto potrebbe trascinare l'economia in una profonda recessione. Una rapida crescita economica seguita da un brusco rallentamento lascerebbe il Paese con una crescita complessiva insignificante nel medio termine. Questo scenario non è nuovo, essendosi già verificato in altre nazioni e, a più riprese, nella stessa storia economica della Russia.
Queste dinamiche evidenziano il delicato equilibrio che i decisori politici devono mantenere tra il controllo dell'inflazione e la salvaguardia della crescita economica. Ignorare questi rischi potrebbe portare a cicli economici instabili, con effetti negativi sia a breve che a lungo termine.
È utile ricordare che l'URSS collassò anche a causa del petrolio, e secondo The Insider, la Russia potrebbe trovarsi nuovamente di fronte a una situazione simile. Il Fondo NWF detiene attualmente poco meno di 13 trilioni di rubli, ma la parte liquida è limitata e potrebbe esaurirsi entro il 2025 in caso di un calo dei prezzi delle materie prime.
Attualmente, il NWF detiene poco meno di 13 trilioni di rubli (133,7 miliardi di $), equivalenti al 6,7% del PIL russo e quasi quanto il bilancio federale prevede di spendere per la guerra nel 2025. Tuttavia, non tutto il NWF è facilmente accessibile. La parte liquida ammonta a 5 trilioni di rubli, principalmente in yuan e oro, che il Ministero delle finanze vende in base alle necessità. Sulla base delle tendenze recenti, questa parte potrebbe esaurirsi entro due o tre anni. La Banca centrale russa suggerisce persino che, in uno scenario ad alto rischio (come un calo dei prezzi delle materie prime da 70 a 55 $ al barile di petrolio Brent), questa parte liquida del NWF potrebbe addirittura esaurirsi entro la fine del 2025.
La crescente dipendenza della Russia dagli scambi commerciali con la Cina, specialmente in settori strategici, ha portato a un rapporto commerciale sempre più sbilanciato. Mosca si trova spesso costretta ad accettare condizioni sfavorevoli, come tassi di cambio penalizzanti, per mantenere il sostegno economico di Pechino.
Secondo Reuters
Alcune aziende russe stanno riscontrando ritardi crescenti e costi crescenti nei pagamenti con i partner commerciali in Cina, lasciando nel limbo transazioni per un valore di decine di miliardi di yuan, hanno riferito a Reuters fonti russe a conoscenza diretta della questione.
Questa relazione sembra tutto fuorchè idilliaca, anche in ragione delle sanzioni secondarie, tant'è che anche Peskov ha recentemente dichiarato:
Con tali volumi e in un ambiente così ostile, è impossibile evitare alcune situazioni problematiche
A 1000 giorni dall'inizio della guerra, la situazione economica russa appare estremamente complicata. Tra sanzioni, debito in crescita, problemi demografici e un'inflazione che sembra inarrestabile, le prospettive future sono tutt'altro che incoraggianti.