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L'età preindustriale

di Umberto Bertonelli

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Indice

Questa mini serie di articoli ha l'obiettivo di approfondire la tematica storico-economica, attraversando le varie fasi delle rivoluzioni industriali. Questo approccio editoriale è stato scelto per comprendere meglio gli andamenti storici, inquadrare le tematiche economiche nel tempo e analizzare le ragioni dietro ai cambiamenti.

L'economia preindustriale europea

L’età preindustriale in Europa era fortemente influenzata dall'agricoltura, che contribuiva all’80-90% del PIL e sostentava circa il 70% della popolazione. La tradizione dominava il panorama economico, rendendo i cambiamenti lenti, ma non inesistenti. Sebbene le economie preindustriali non fossero immobili, gli indici di crescita erano limitati rispetto a quelli delle future rivoluzioni industriali. La popolazione europea crebbe significativamente, passando da 51 milioni all'inizio del Cinquecento a 132 milioni alla fine del Settecento. Secondo Angus Maddison, il tasso annuale di crescita della popolazione dell'Europa occidentale era dello 0,16% tra l'anno 1000 e il 1500, e dello 0,26% tra il 1500 e la fine dell'Ottocento.

Sfide e instabilità

L'economia preindustriale era instabile e dipendente da fattori esterni. Condizioni climatiche avverse e lunghe guerre causavano flessioni produttive; la malnutrizione rendeva le popolazioni vulnerabili alle malattie e le carestie periodiche devastavano la demografia.

Fattori culturali e sociali, uniti a un assetto economico e politico basato sulla diseguaglianza e sulla scarsa mobilità sociale, limitavano la crescita della domanda aggregata. Tuttavia, nei tre secoli che precedono la rivoluzione industriale, emergono segnali di cambiamento. L'economia diventa più dinamica grazie alla "rivoluzione agraria" e a innovazioni nel settore primario. Questo processo spinge l'Europa verso una crescita economica cumulativa che porterà a livelli di benessere e stabilità crescenti.

Disomogeneità regionale

Questi processi non erano distribuiti uniformemente: la "nuova agricoltura", la rivoluzione commerciale e la modernizzazione istituzionale si manifestavano principalmente in Gran Bretagna, nell'Europa nord-occidentale e nell'Italia settentrionale. Le periferie, invece, rimanevano arretrate e stagnanti, vulnerabili a crisi economiche devastanti.

La manifattura e il putting-out system

In un contesto rurale dominato da strutture autarchiche, l'attività manifatturiera variava in base alla localizzazione e al livello di specializzazione della forza lavoro. L'abbondanza di manodopera a basso costo, priva di richieste e docile, spinse gli imprenditori a delocalizzare alcune fasi produttive in campagna, sviluppando il putting-out system. Questa organizzazione, gerarchica ma flessibile, vedeva al vertice il mercante-imprenditore, proprietario delle materie prime e coordinatore della rete di lavoratori a domicilio. Nel settore tessile, ad esempio, questi lavoratori eseguivano la filatura e la tessitura.

Efficienza e flessibilità del sistema

L'efficienza del putting-out system derivava non solo dalla disponibilità di manodopera rurale, ma anche dalla flessibilità: la rete di lavoranti poteva essere ampliata o ridotta a seconda delle fluttuazioni della domanda, senza aumenti significativi dei costi. Le unità produttive coincidevano spesso con le famiglie contadine, proprietarie di semplici strumenti come i telai a mano, economici e di facile manutenzione.

Verso l'impresa moderna

Questo modello organizzativo gettò le basi per l'impresa moderna come la conosciamo oggi, caratterizzata da una struttura gerarchica e flessibile che si adattava alle esigenze produttive e alla domanda di mercato.

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