Un breve vademecum sul nucleare
Il nucleare fa male all'ambiente?
L’energia nucleare è considerata una tecnologia a basse emissioni insieme alle rinnovabili. Come ogni fonte energetica, anche questa non è esente da rischi e svantaggi: l’inquinamento atmosferico, le emissioni di gas serra e gli incidenti. Tuttavia, le evidenze ci mostrano come le fonti di energia a basse emissioni di carbonio, come il nucleare, siano le più vantaggiose sotto molti aspetti.
Secondo una simulazione condotta da Our World in Data (OWID), se considerassimo una città media di 150.000 persone con un consumo di un terawattora di elettricità all’anno, e questa energia fosse prodotta interamente da centrali a carbone, potremmo osservare circa 25 morti premature all’anno, con il Gas 3, e con le rinnovabili al massimo una persona (1 persona ogni 50 anni con il solare, 1 persona ogni 33 anni con il Nucleare, 1 persona ogni 25 anni con l’eolico e 1 persona all’anno con l’idroelettrico).
Brevi cenni di storia del nucleare
La produzione di energia nucleare inizia a prendere piede negli anni ’60 e vede una forte espansione a livello globale fra il 1970 e il 1990, anche a fronte delle crisi petrolifere. Infatti, La crisi petrolifera del 1973 e la successiva crisi petrolifera del 1979 hanno portato a una maggiore consapevolezza della dipendenza dalle importazioni di petrolio e alla necessità di diversificare le fonti di energia. Questo ha portato a un aumento dell'interesse per l'energia nucleare e rinnovabile come fonte di energia alternativa e più sostenibile. In Italia, ad esempio, la costruzione della quarta centrale nucleare a Caorso, completata nel 1981, è stata un esempio di come la crisi petrolifera abbia stimolato lo sviluppo di fonti di energia alternative.
Tuttavia, anche all’epoca vi furono problemi che rallentarono la corsa al nucleare, come ad esempio il fattore tempo che era in contrasto con l’obiettivo di fornire energia a breve termine, senza contare la disapprovazione da parte della popolazione in riferimento dell’ubicazione della centrale nucleare e il fattore economico.
A seguito dello tsunami di Fukushima in Giappone nel 2011, si è assistito a un progressivo calo dell'attrattività del nucleare. Un esempio significativo è la Germania, che aveva già dichiarato nel 2000 l'inizio del programma di phase out, a partire dalla chiusura della centrale di Stade nel 2003. Dopo Fukushima, la Germania ha annunciato un phase out totale entro il 2022, anche in seguito a un sostanziale cambiamento nella percezione pubblica del nucleare. Questo progressivo abbandono dell’energia atomica sembrerebbe essere stato interrotto dalla crisi energetica vissuta nell’ultimo periodo anche a causa della guerra russo-ucraina. Ad esempio, recentemente Westinghouse ha ottenuto l’approvazione per costruire la prima centrale nucleare in Polonia. Secondo quanto riporta Politico, la costruzione dovrebbe iniziare nel 2026 e verrebbe ultimata nel 2033 ad un costo di 20 miliardi di dollari.
Il problema dei costi
Guardando alle evidenze finora accumulate, il nucleare soffre di un problema di tempo; tuttavia, i dati mostrano che svariate questioni incidono su questo fattore.
Se guardiamo infatti al tempo medio di costruzione questo è di circa 7-8 anni, tuttavia se si osserva la distribuzione si scopre che il 20% dei reattori è stato costruito in meno di 5 anni, circa il 32% ha impiegato invece più di 8 anni. Esistono anche casi con tempi estremamente più lunghi: il 5% dei reattori, infatti, ha un tempo superiore ai 15 anni.
Se applichiamo la stessa metodologia concentrandoci sui reattori costruiti dopo il 1990, ci accorgiamo che solo l’11% ha impiegato più di 10 anni, e che tutti i reattori sono stati completati in 15 anni. Chiaramente non si stanno considerando alcune delle costruzioni più discusse negli ultimi tempi, in quanto ancora non completate, per cui non abbiamo ancora il dato effettivo relativo ai tempi di realizzazione.
Guardando invece i dati relativi a dove si è costruito, scopriamo che in Europa il nucleare ha perso appeal all’incirca dagli anni 90, lasciando il passo ai paesi Asiatici.
Vi sono molte possibili spiegazioni a questi dati: forse non costruiamo più perché non pensiamo di poter costruire in tempo ed in modo economicamente vantaggioso; oppure, la nostra necessità di energia al momento è soddisfatta, e di conseguenza non è prioritario modificare le nostre fonti di approvvigionamento, e quindi c’è un forte ostacolo di natura sociale che impedisce la costruzione di nuove centrali; o ancora, i vincoli normativi e finanziari ci fanno propendere verso altre soluzioni.
Quale che sia la ragione, o il mix delle stesse, è utile ricordare che il costo del nucleare deriva per la maggior parte dal costo del finanziamento, e questo è fortemente influenzato dai tempi di realizzazione: più i tempi si dilatano più cresce l’onere finanziario.
Quest’ultimo elemento potrebbe rivestire un ruolo chiave, specialmente considerando la recente Audizione di Banca d’Italia, nella quale vengono sottolineate le sfide di finanza pubblica che dovrà affrontare l’Italia, le quali richiedono valutazioni approfondite, tenendo conto della necessità di finanziare la transizione digitale e verde.