Gli Stati Uniti e l'Europa occidentale furono le prime aree a sperimentare il cambiamento che, nei decenni seguenti, si sarebbe diffuso in tutto il mondo. Tuttavia, vi furono differenze qualitative e temporali nell'affermazione delle grandi imprese tra le varie nazioni. Gli Stati Uniti, grazie alla loro dotazione di materie prime e a una popolazione in crescita, acquisirono una posizione di leadership nello sfruttamento delle nuove tecnologie. Prima della Prima Guerra Mondiale, le large corporation erano ormai un fenomeno consolidato nell'economia nordamericana.
Differenze tra le nazioni industriali
Le opportunità offerte dalla Seconda Rivoluzione Industriale furono sfruttate in modo diverso dalle tre principali nazioni industriali: Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna. Comprendere queste differenze richiede l'analisi di vari fattori:
- Caratteristiche dei mercati
- Regolamentazione della competizione economica
- Atteggiamenti sociali verso la grande impresa
- Risorse culturali disponibili
La Gran Bretagna
Durante gli anni tra il XIX e il XX secolo, il big business inglese si distingueva per una limitata integrazione verticale e la persistenza di numerose famiglie proprietarie, limitando la creazione di gerarchie manageriali estese. Dopo un secolo di industrializzazione, il Regno Unito era un Paese diverso dalle altre nazioni industrializzate. Gli imprenditori inglesi si trovavano ad affrontare vincoli e opportunità differenti rispetto ai loro colleghi tedeschi e americani.
Settori e struttura delle imprese
Le grandi imprese britanniche erano prevalentemente concentrate nei settori dei beni di largo consumo. Molti imprenditori preferirono non investire nella produzione e distribuzione di massa né nel management estensivo. Anche se la permanenza al comando delle famiglie poteva sembrare un segno di arretratezza industriale, in realtà rispondeva alle caratteristiche del contesto britannico.
Nel 1870, la Gran Bretagna aveva il reddito pro capite più alto al mondo e un alto tasso di urbanizzazione. I 10 milioni di abitanti del "quadrilatero d'oro" (Londra, Cardiff, Glasgow ed Edimburgo) rappresentavano la prima società dei consumi. Durante questo periodo, le esportazioni britanniche ammontavano a quasi il 30% del reddito nazionale, con i prodotti tessili che costituivano il 38% delle esportazioni, seguiti da ferro e acciaio (14%), macchinari (7%) e carbone (10%).
Regolamentazione e competizione
Un'importante differenza rispetto ad altre nazioni era la regolamentazione della competizione. In Gran Bretagna, gli accordi tra imprese per il controllo della competizione erano efficaci e non venivano né impediti né sanzionati dalla legge. L'approccio britannico era quello del "vivi e lascia vivere", e la grande impresa non disturbava il commercio tradizionale o le piccole imprese.
- Gli accordi consentivano anche ai produttori meno efficienti di sopravvivere e prosperare.
- Non vi era pressione per adottare politiche antitrust, contrariamente agli Stati Uniti dove le gerarchie manageriali centralizzate e nuove capacità organizzative erano comuni.
Le società nate dalle fusioni inglesi erano federazioni di imprese che mantenevano autonomia gestionale e collaboravano solo su aspetti come acquisti e ricerca. A differenza degli Stati Uniti, dove le fusioni portavano a grandi strutture manageriali, le aziende britanniche necessitavano solo di piccoli quartier generali.
Formazione e competenze tecniche
Alcuni progressi furono fatti nella creazione di università per rispondere alle richieste di tecnici qualificati. Tuttavia, la formazione manageriale rimase limitata. Alcuni studiosi attribuiscono questa situazione a una sorta di rivolta contro la società industriale da parte dell'élite intellettuale e dell'opinione pubblica, anche se le evidenze empiriche sono insufficienti per supportare completamente questa teoria.
Opportunità mancate e ritardi
Rispetto ai successi delle grandi imprese in Stati Uniti e Germania, la storia dell'industria britannica dopo il 1880 può essere vista come una serie di occasioni mancate. Un esempio emblematico è il settore dei coloranti sintetici:
- Nel 1870, la Gran Bretagna aveva tutti i requisiti per sviluppare questa industria: l'invenzione del primo colorante artificiale di William Perkin (1856), abbondanza di carbone e un vasto settore tessile.
- Tuttavia, le imprese tedesche furono le prime a muoversi, investendo in nuovi impianti e reti di marketing, e ottenendo il predominio.
L'evoluzione del big business e delle piccole imprese
Anche se la Gran Bretagna perse il suo primato industriale, ceduto agli Stati Uniti e seguiti dalla Germania, vari settori dell'economia inglese mantennero posizioni forti, come la finanza internazionale, destinata a crescere ulteriormente nel XX secolo. Il sistema del big business britannico si evolse accanto a un vivace tessuto di piccole e medie imprese, che, in settori come il tessile, formarono ricchi distretti industriali.
[1] Secondo Alfred D. Chandler, alla base del successo della grande impresa c'è un triplice investimento: industriale, commerciale e dirigenziale.